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Quanto manca alla tua morte? Te lo dice Tikker

13:41 Posted In Edit This 0 Comments »

Tikker è l’orologio rivoluzionario digitale che, in base alla storia clinica e allo stile di vita proprio  e dei familiari, ti predice l’ora della morte o meglio quanto ancora ti resta  da vivere. L’orologio, una volta indossato al polso, ti scandirà i secondi, i minuti, le ore  e gli anni che mancano all’ora fatale.
In parole povere ti fornirà un servizio di “countdown” , di  conto alla rovescia.
Che dire? E’ un’invenzione, a dir poco, sinistra  e angosciante, fatta dallo svedese Fredrik Colting che, intervistato  sul suo “Tikker”, avrebbe asserito  quanto segue: “L’idea di questo orologio mi è venuta dopo la morte di mio nonno, mi ha fatto riflettere sulla caducità della vita e mi ha fatto capire quanto sia importante riuscire a godersela in ogni istante, perché se tutti fossimo consapevoli dell’approssimarsi della nostra fine, da vivi faremmo sicuramente scelte migliori. Ecco perché, più che un macabro orologio della morte, lo considero una sorta di orologio della felicità”.

Della serie insomma  ”Fratello, ricordati che devi morire”, il  famoso saluto beneaugurante  che  si scambiavano tra loro i monaci appartenenti all’Ordine dei Trappisti che ora si affianca  a “Fratello, ricordati che devi vivere intensamente la tua vita”.
Stando cioè alle parole dello svedese Fredrik Colting dovremmo  accogliere Tikker come uno "stimolante" che ci spinge secondo dopo secondo, minuto dopo minuto a non sprecare i nostri momenti di vita, a viverli in completa positività e amorevolezza, perché, sempre a suo dire,  se “la morte non è negoziabile, la vita invece lo è”.
E’ abbastanza chiaro che alla base di questa invenzione non c’è niente di scientificamente dimostrato o valido. Quindi l'orologio della morte si commenta da sé!!


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‎ Panelle di farina di ceci: come farle

01:38 Posted In Edit This 0 Comments »
Sfiziose, golose e saporitissime frittelle a base di farina di ceci, una pietanza diffusasi in Sicilia ad opera della dominazione araba, digeribilissime grazie al tipo di legume che caratterizza l’ingrediente principale. Vengono appellate  “cibo da strada” , perché in Sicilia si acquistano nelle varie  “friggitorie”  che pullulano un po’ in tutte le strade dei quartieri  palermitani  e fungono da  spuntino  veloce. Con esse, in numero di 3-4,  si è soliti farcire   un panino (magari al sesamo), oppure  si possono consumare da sole come antipasto, irrorandole, se si preferisce, con del  limone. Le panelle, in parole povere, rappresenterebbero quel tipo di  ristorazione che gli inglesi amano chiamare “fast food”, ossia  cibo celere”. Sono facili da fare, e hanno bisogno di un numero d’ingredienti ridotto ai minimi termini, cioè  farina di ceci, acqua, sale, olio, pepe e prezzemolo (se si preferisce).

PREPARAZIONE
Prepariamo sul piano di lavoro una pentola con mezzo litro scarso di acqua e un po’ di sale (ovviamente la quantità dell’acqua è in ragione del numero di panelle che vogliamo approntare). Indi riversiamoci lentamente la farina di ceci, avendo cura di rigirare l’impasto continuamente per evitare che si formino grumi. Disporre poi la pentola sul fuoco per poco più di una decina di minuti,  a fiamma abbastanza bassa.
In attesa  che l’impasto, in essa contenuto, cominci a staccarsi dalle pareti, continuiamo sempre a girarlo. Se si preferisce, si può aggiungere un po’ di pepe e del prezzemolo fresco tritato. Approntiamo ora, sul nostro piano di lavoro,  dei piattini  da tè, o da caffè  o, in assenza di essi,  anche dei piattini di plastica capovolti. Spento il fuoco sotto la pentola, prima che l’impasto abbia a raffreddarsi, quindi abbastanza velocemente, preleviamone poco per volta e riversiamolo sul fondo dei  piattini.
Aiutandoci  con un coltello,  cerchiamo di stendere bene l'impasto sul fondo degli stessi  e attendiamone il raffreddamento. Intanto prepariamo una padella con dell’olio e, appena l'impasto si sarà raffreddato, stacchiamolo dai piattini senza romperlo e friggiamo le  nostre belle e gustose  panelline, facendole indorare da ambo i lati. Se non si preferisce  friggerle, possiamo disporle su un foglio di carta da forno e infornarle, fino a completa doratura.

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Aceto di mele: come farlo in casa (video dimostrativo sottostante)

06:28 Posted In Edit This 20 Comments »

Sembrerà strano, ma è proprio così!... Non c’è giorno che non si decantino, a dritto e a manca, le innumerevoli virtù dell’aceto di mele, un prodotto molto versatile: ottimo agente per le pulizie di casa, ma ciò che più fa meraviglia, una panacea per  moltissimi nostri mali sul piano fisico, definito, a ragione o a torto non saprei, “oro liquido”, quasi un elisir di lunga vita. Come alcalinizzante del corpo, esso offre tutta una vasta gamma di benefici a livello digestivo, respiratorio, artritico, emorroidario. Avrebbe altresì proprietà curative sulla circolazione,  sulla perdita di peso, sulla cellulite, sulla pelle, sulla forfora e non ultimo  sarebbe ottimo nell’abbassare il colesterolo, la pressione sanguigna, il livello di glucosio nei diabetici, nonché per rinforzare le ossa, aumentare l’immunizzazione e sbiancare i denti. Insomma verrebbe da esclamare: “Chi più ne ha più ne metta!”
Oggi l’aceto di sidro di mele si vende in tutti i supermercati bio o non. E’ possibile comunque produrlo direttamente in casa con metodi elementari e a bassissimo costo. Si richiede solo un po’ di pazienza, perché i tempi di fermentazione sono lunghi e variano  dai 2 mesi ai 7 mesi, a seconda del sistema di produzione che s’intende porre in campo. In linea di massima, le opzioni per preparare un buon aceto di mele in casa sarebbero due. C’è il metodo detto degli “scarti”, con l’utilizzo di  bucce, torsoli e  altri residui dopo consumazione della polpa e il metodo delle “mele intere”. Vediamo come operare col primo metodo, quello che riduce di molto i tempi della fermentazione a circa due mesi.


PRIMO METODO
Molti preferiscono questo metodo, perché possono  consumare la polpa delle mele e  utilizzare successivamente gli scarti, che altrimenti dovrebbero finire nella spazzatura.
Allora cominciamo.
Dopo aver lavate le mele sotto l’acqua corrente, priviamole della buccia e dei torsoli e mangiamone la polpa. Qualsiasi tipo di mele va bene per fare l’aceto purchè biologiche: renette, fuji, golden, smith, imperatore ecc… Lasciamo gli scarti all’aria per qualche giorno perché abbiano ad imbrunire, cioè ad assumere il colore marroncino. Intanto cominciamo ad approntare dei vasetti di vetro, a bocca molto larga, dove andremo a calarvi tutti gli scarti di quelle mele di cui abbiamo fatto razzia di polpa. Versiamoci sopra dell’acqua fino a coprirli, facendo attenzione a lasciare un bel po’ di spazio nella parte superiore del vasetto. Nei giorni seguenti, se si hanno ancora altri scarti, vi si possono aggiungere. 
Muniamoci ora di un bel pezzo di garza e  copriamo la bocca del vaso, magari fermandola con un elastico al collo dello stesso. Se si vuole, si può aggiungere anche un po’ di dolcificante che può consistere o nello zucchero o nel miele.
Poniamo ora  il vasetto in un posto buio e caldo. 
Dopo qualche giorno vedremo comparire in superficie della schiuma grigiastra. A questo punto non aggiungiamo più scarti, perché sta cominciando la fermentazione. Attendiamo all’incirca un mese o due, prima che il nostro aceto sia pronto. A processo quasi terminato, possiamo testarne il grado di acidità. Se è di nostro gradimento, operiamone il filtraggio, eliminando gli scarti e tutti gli altri sedimenti. In un secondo momento, qualora il liquido non lo si preferisca torbido, sarà sufficiente poggiare nell’imboccatura dell’imbuto, messo sul collo della bottiglia, un filtro in cotone (quelli che si usano per il vino).
In sostituzione va bene anche un tovagliolo pulito di cotone, piegato in due o in quattro.  Attraverso esso trasferiamo con un mestolo, poco per volta, l’aceto  nella bottiglia. 
Quando il filtro in tessuto (o il tovagliolo) sarà pieno di sedimenti, basterà passarlo sotto l’acqua corrente, ripulirlo, strizzarlo e continuare il travaso.

 
SECONDO METODO
La variante al primo sistema  consiste nell’impiego di mele intere, senza eliminare niente. Le mele vanno lavate per bene non solo  per rimuoverne lo sporco, ma  maggiormente  i prodotti chimici eventualmente presenti sulla buccia. Dividiamole  poi  in spicchi e lasciamo quest’ultimi  all’aria perché si ossidino, come per gli scarti. Poi trasferiamo  gli stessi in un vaso di vetro, seguendo lo stesso iter enunciato sopra, col primo metodo.  Attendiamo con pazienza i tempi di fermentazione prima di filtrarlo.  Se quanto detto fin qui, non è chiaro, puoi usufruire del  video dimostrativo sottostante.
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Combattere il raffreddore con terapie naturali

08:24 Posted In Edit This 0 Comments »
Iniziano i primi freddi e con essi la ben nota familiarità con i raffreddori, uno status d'infezione virale delle vie del tratto respiratorio superiore, molto comune nella vita di ciascuno di noi. Ne conosciamo ampiamente i sintomigola irritata, starnuti, lacrimazioni occhi, lieve mal di testa e dolori muscolari.
Ogni anno dal campo medico ci perviene la raccomandazione di tenerci lontani, in caso di raffreddore, dagli antibiotici perché questi nulla possono sia per la natura virale del raffreddore  e sia perché sarebbe difficile individuarne il virus, posta l’implicazione di una quantità  considerevole degli stessi (si parla di 200 e più virus). Una volta in preda a questa infezione, il nostro corpo  dovrà fare affidamento massimamente sulle sue difese immunitarie, augurandosi che non si presentino complicanze a livello polmonare.
Se tanto ci viene dalla medicina tradizionale, non egualmente da quella alternativa che cerca di darci una grossa mano, offrendo una serie di trattamenti, per ridurre la durata del raffreddore, per mitigarne e curare i sintomi, nonchè per autoimmunizzarci. Qui di seguito, a livello puramente informativo, tra i tantissimi trattamenti diamo uno sguardo ad un paio di essi. Iniziamo a parlare dell’aceto di sidro di mele.

 
ACETO DI SIDRO DI MELE
Vediamo come assumere questo ingrediente alcalinizzante. Basterà riempire una bella tazza grande  d’acqua calda e aggiungervi due cucchiai di aceto di mele, un po’ di miele per renderlo più gradevole e una piccola spremuta di limone. Bevendo questo soluzione più volte al giorno, si avrà modo di ridurre l’incidenza, la durata e la gravità del raffreddore e anche dell'influenza.

In farmacia, nei negozi d’erboristeria e online, puoi acquistare anche delle capsule di aceto di mele oppure fare con esso delle suffumigazioni, ossia delle normali inalazioni
Chi decide di assumere le capsule dovrà farlo accompagnandole con un generoso bicchiere di acqua.

Per quanto attiene invece alle inalazioni basterà riempire un catino di acqua bollente, aggiungervi 2-3 cucchiai di aceto di mele e, come per tutte le altre inalazioni, coprirsi il capo con un asciugamano e inalare i vapori provenienti dal recipiente.
Parimenti all’aceto di mele, c’è l’olio essenziale di origano, uno dei più noti antinfiammatori naturali, con proprietà lenitive e  curative delle malattie dell’apparato respiratorio.


OLIO DI ORIGANO
A parere degli  esperti l’olio essenziale di origano può essere usato esternamente seguendo la tecnica della suffumigazione, oppure frizionandolo delicatamente sulla gola o sul petto o  ancora assumerne alcune gocce per via orale. In tutti i casi  esso va diluito col cosiddetto olio vettore che può essere, a scelta,  l’olio di oliva, di semi, di cocco o  di sesamo.
Come suffumigio, mescolato a tre o quattro gocce di qualsiasi olio vettore, lo si versa in una bacinella d’acqua calda. Poi, come  per tutte le inalazioni, si inalano i vapori. Fare un arresto pressappoco di due minuti, respirando normalmente all’esterno della bacinella. Poi riprendere e ripetere il trattamento fino a 2-3 volte.
Sempre diluito con olio vettore, in rapporto di 1 a 4, l’olio di origano può essere cosparso sul torace e sulla gola oppure essere assunto per bocca (un paio di gocce su un cucchiaino di zucchero e un bicchiere di acqua di rubinetto). Il trattamento può essere ripetuto un paio di volte al giorno. Un'avvertenza: non usare assolutamente  l’olio di origano in stato di gravidanza  e di allattamento.


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Rughe e borse sotto gli occhi: rimedi dell’ultima ora

05:40 Posted In Edit This 0 Comments »
Pare che non ci sia più bisogno di andare in cerca di costose creme per risolvere il problema rughe. Nel mondo dello spettacolo, da anni, non sono poche le attrici e le modelle che, per mantenere un aspetto giovanile, utilizzano, come cura giornaliera della loro pelle, le creme per emorroidi e parlano di esse come di efficaci e validi rimedi antirughe e anti borse sotto gli occhi.
Sì, proprio così...si tratta, in verità, dei ben noti farmaci in uso per la malattia emorroidaria!
Preparazione H
Fra tutte le creme antiemorroidali c'è la ben nota "Preparazione H" unguento, i cui principi attivi constano di un estratto di cellula di lievito (Saccharomyces cerevisiae) e dell’olio di fegato di pescecane, una formula che ancora oggi trova cittadinanza qui da noi, in Europa, mentre in America è stata defenestrata, o meglio riformulata con la sostituzione  del lievito con la fenilefrina, un vasocostrittore che diviene quindi il principale ingrediente attivo.
Questa formula americana riveduta, pur mantenendo l’altro principio attivo dell’olio di fegato di pescecane, pare che non abbia più effetto benefico sulle rughe. Ma viene facile una domanda: Come agirebbe la crema emorroidaria, ancora presente sul nostro mercato farmaceutico, sulle rughe del viso e sulle borse sotto gli occhi? Per capirne di più portiamoci per un attimo sul problema emorroidi.
Quest’ultime non sarebbero altro che vene del canale anale che, in fase di infiammazione, si gonfiano e si dilatano causando non pochi disagi e rendendo dolorose le evacuazioni, fino al sanguinamento.


Effetti
L’uso, al bisogno, di Preparazione H permette, anche se solo temporaneamente, il restringimento dell’intera  struttura vascolare anale, con una riduzione del gonfiore e un'attenuazione del dolore.
Questo avverrebbe sia per le  emorroidi interne che per quelle esterne. Alla stessa maniera Preparazione H unguento agirebbe sulla pelle. Una volta applicata sulle rughe intorno agli occhi e sulle sottostanti borse, queste tenderebbero a distendersi per il conseguente restringimento dei pori della pelle, rendendosi così molto meno visibili. 
Ma, come per le emorroidi, l’effetto sarebbe solo temporaneo.
Prima di concludere fa d’obbligo aggiungere che, al di là dei benefici antirughe che si possono ricavare dalla suddetta crema, non dimentichiamoci che essa è pur sempre un farmaco, predisposto peraltro per un utilizzo ben diverso. Pertanto prima di accingersi ad usarla intorno agli occhi, è d’uopo che si consulti il proprio medico.


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Carie dentali? Ultime ricerche

12:58 Posted In Edit This 0 Comments »
Si è sempre detto che le carie sono un problema salutistico che non fa sconti a nessuno e che la loro formazione deriverebbe dall’attacco dello smalto dei denti, ad opera dei batteri che si alimenterebbero degli scarti alimentari di zuccheri e amidi, depositatisi nel cavo orale. Di qui la raccomandazione, da parte dei dentisti, di fare uso giornaliero del filo interdentario e di una accurata pulizia dei denti, specie dopo aver mangiato.

Le ultime ricerche
In verità le ultime ricerche, condotte in America, e precedentemente, addirittura circa 80 anni fa, dal dentista pioniere Weston A.Price, hanno evidenziato la veridicità solo in parte della tesi sull'origine delle carie.
E’ stato infatti visto che alcune popolazioni, quelle sottoposte allo studio, tipo svizzeri, australiani, eschimesi, indiani, nonché  tribù africane e gruppi vari di primitivi, pur avendo sui denti un'abbondante fermentazione di zuccheri e amidi, evidenziavano in realtà un’elevata immunità alla carie dentale. Come mai? La conclusione è stata la seguente.
I batteri, implicati nella distruzione dello smalto dentario, non sono in realtà la causa delle nostre carie, per il semplice motivo che non si nutrono affatto di zuccheri e di amidi fermentati, perché, e gli uni e gli altri di questi alimenti, sarebbero privi di quelle sostanze  nutritive utili alla loro crescita e proliferazione. E allora ci si domanda: da dove avrebbero origine le carie, quali i fattori responsabili?


Origine delle carie
L'analisi circa le cause della formazione delle carie, secondo il dentista citato in precedenza e gli altri ricercatori, dovrebbe in verità essere spostata sul tipo di alimentazione, seguita dalle popolazioni sunnominate, un'alimentazione ricca di minerali, di vitamine (A,D,E,K), di acido fitico (un antiossidante in grado proprio di prevenire le carie, presente nei legumi, nei cereali, nelle farine, nella crusca, nelle noci ecc..).
Le carie dunque troverebbero la loro alfa in un’alimentazione carente in minerali e in un rapporto squilibrato tra calcio e fosforo nel sangue.
Tutto questo infatti avrebbe una forte ripercussione sulla qualità dei denti, sulla loro struttura vetrosa, con conseguente
formazione di carie.
Sulla base dunque di questi studi condotti, ci piace ribadire quanto da essi ne è scaturito e cioè che, se non si ha un occhio attento alla dieta, una semplice riduzione di dolci, di sostanze zuccherine non sarebbe sufficiente a ridurre il rischio di carie. Quali gli alimenti da assumere in quantità abbastanza generosa? Enunciamone solo alcuni come, ad esempio, il latte, il burro, l’olio di cocco, il pesce, le verdure, le minestre con impiego di ossibuchi, il fegato e quanti altri contenenti acido fitico.


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Finocchi con panna e parmigiano

09:25 Posted In Edit This 0 Comments »
           
Oggi portiamo in tavola un contorno di origine prettamente lombarda, molto semplice da realizzare e assai gustoso. Può essere affiancato a piatti a base di pesce e di carne. La ricetta è semplicissima e consta di pochissimi ingredienti: qualche finocchio, della panna da cucina, un po’ di burro, una generosa manciata di parmigiano reggiano, un po’ di pan grattato.
Ti consiglio di scegliere i finocchi “femmine” perché, a differenza dei “maschi” prettamente arrotondati, hanno una forma allungata, più consona alla realizzazione di questa ricetta.

Una volta in possesso di questo tipo di finocchi (ma, di certo, non obbligatoriamente) dovrai accingerti a mondarli, eliminando le parti esterne abbastanza coriacee e tagliandoli a spicchi piuttosto spessi.
Indi puoi sciacquare ciascun spicchio sotto l’acqua corrente e lasciarli scolare.
Nel frattempo prepara sul fuoco una pentola con abbondante acqua, aggiungendovi del sale quanto basta. Attendi che essa abbia a bollire e poi calaci gli spicchi di finocchio per lessarli.
A parte appronta una teglia imburrata, appena appena spolverata di pangrattato.
In una ciotola versa la panna con un pizzico di sale e, se lo gradisci, anche un po’ di pepe. Mescola bene il tutto con i rebbi di una forchetta.
A cottura avvenuta, scola gli spicchi di finocchi e disponili nella teglia già imburrata. Cospargili quindi di panna, di una generosa manciata di formaggio parmigiano e di un po’ di pan grattato. Infila la teglia nel forno a 180° e attendi che raggiunga una bella copertura di crosticina dorata.


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