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Come aprire un negozio di bigiotteria

12:34 Posted In Edit This 0 Comments »
Oggi, nonostante una forte crisi attanagli un po’ tutti i settori commerciali, si può asserire, senza ombra di dubbio, che la bigiotteria in genere fa sempre “fashion e tendry” (per  usare un codice comunicativo generazionale molto diffuso e  completamente forestieristico), cioè fa  “moda e tendenza” per la ben nota propensione delle adolescenti e  di giovani donne (ma non solo di queste perchè  la bigiotteria non conosce età) a possedere qualche “gioiello”,  a mo’ di aggiunta ed integrazione al proprio stile di abbigliamento. Infatti capita  spesso che al look indossato al momento, le donne non disdegnino mai  di associarvi un bracciale, un orecchino, un anellino, una collana o altro semplice, grazioso, oggetto in metallo e pietre preziose di ottima fattura, economicamente a portata delle proprie tasche, sostitutivo oltremodo di gioielli in oro troppo costosi ed impegnativi.
Tra l’altro si aggiunga anche che, specie tra le ragazzine, l’acquisto di un monile in metallo viene annoverato tra i regali più sfiziosi e originali da scambiarsi  nel gruppo di appartenenza.

Diciamo dunque che  la “certezza” di avere  un buon  numero di acquirenti in qualsiasi periodo dell’anno  e il costo non elevato di questa tipologia di “gioielli”, fanno  sì che l’apertura di un negozio di bigiotteria, anche in un periodo di crisi economica come quella odierna, sia  da prendere nella dovuta considerazione da parte di quei giovani che sono in cerca di un lavoro, in quanto  possibile  attività  che può creare un reddito economico  in proprio non trascurabile.
COSA FARE PER APRIRLO
In più per l’apertura di un simile negozio non occorre un grosso impiego di capitali e l’iter burocratico da seguire è all’insegna della semplicità. Basterà infatti aprirsi la partita  iva attraverso la compilazione di un modello fornito dalla stessa Agenzia delle Entrate, nonché darsi una posizione contributiva Inps e una assicurativa Inail, iscriversi  al Registro delle Imprese, e non ultimo  fornire tutti i dati tecnici del negozio al Comune, dove si ha intenzione di aprire l’attività, unitamente ad una comunicazione/dichiarativa di apertura della stessa. Per l’espletamento delle pratiche menzionate ci si può comunque affidare anche al proprio commercialista di fiducia oppure recarsi di persona presso la Camera di Commercio del  Comune di appartenenza.
Ti ricordo che non  sussiste più il divieto di rispetto delle  distanze minime tra attività commerciali aventi la stessa tipizzazione di esercizio e in più è data facoltà di accrescere  l’offerta di prodotti all’interno dello stesso  negozio, prendendo, nel nostro caso, ad esempio, in considerazione la vendita, anche di particolari t-shirt, di colletti gioiello arricchiti  di perline e pietre preziose, di portafogli, ombrelli, foulard, borsette e similari, tutta roba che può  essere abbinata al gioiello scelto per aggiungere ancora ulteriore originalità e femminilità al  proprio look. 

SUPERFICIE LOCALE
Per quanto attiene  poi alla superficie del locale si può cominciare addirittura con una superficie minima di 30mq e questo permetterà di economizzare molto sul contratto di locazione. La cosa importante da tenere presente è che esso sia locato in zone della città abbastanza trafficate, oppure in un centro commerciale. Ti consiglio di individuare molto in anticipo i distributori dei monili e dei materiali, particolarmente presenti nella tua zona. Non disdegnare la messa in campo di volantinaggio o quant’altro possa venire utile ad una campagna promozionale/pubblicitaria del negozio, per fornire allo stesso la più ampia visibilità in zona e fuori zona.

Come fare le cipolle ripiene

03:13 Posted In Edit This 0 Comments »
Le cipolle, quanti modi per cucinarle! In genere  usiamo assegnare  a questo vegetale  un ruolo prettamente da Cenerentola, soffriggendole  a  complemento di  alcuni  secondi piatti  e mai in veste  di  “prima donna”. In verità, usandole da sole, si possono fare piatti gustosi e saporiti  con funzione sia  di contorno che, anche e soprattutto,  di un secondo piatto alternativo, guadagnandone  in economicità e leggerezza
Degli anelletti pastellati  di cipolle ne  abbiamo già parlato in un post precedente, oggi  tratteremo delle cipolle ripiene. Ti servono 4 belle cipolle bianche di media grandezza, 30 grammi di parmigiano, 30 gr di fontina, un uovo,  olio, burro, sale, pepe quanto basta e un paio di cucchiai  o poco più di pane grattugiato, a seconda di come si presenta il composto. 
ESECUZIONE
Innanzitutto metti sul fuoco una pentola con acqua salata e attendane la bollitura. Nel frattempo   comincia a preparare le cipolle, eliminandone la parte esterna. Una volta che l’acqua bolle, calale all’interno e  lasciale  sbollentare dai 7 ai 10 minuti (dipende dalla grandezza delle stesse). In tutti i casi comunque attieniti ad una cottura  al dente. Scolale e aspetta che abbiano a raffreddarsi. Successivamente tagliane  la calotta superiore e appena appena  anche il fondo,  in modo da dar loro una certa  stabilità nella teglia, una volta imbottite

Munisciti ora di un cucchiaino e con delicatezza  svuotane la parte interna  formando una specie di  ciotoline.  Conservane la polpa perchè ti servirà per  il ripieno. Quindi sminuzza quest’ultima  il più possibile e ponila in una terrina insieme alla fontina grattugiata, al parmigiano, all’uovo battuto, a un paio di cucchiai di pane grattugiato, a un filino di olio, al sale e al pepe.  Impasta e fai amalgamare bene  il  composto. Indi riempi con esso le cipolle vuote.  
Disponile ora in una teglia, rivestita al fondo di  un foglio di carta da forno. Metti sopra a ciascuna cipolla un po’ di burro e magari anche la rispettiva calottina. Accendi il forno a 180 gradi e lascia che esse possano indorarsi per bene.  Il ripieno menzionato può essere sostituito anche  con del  tonno  sgocciolato,  in assenza  quindi di  formaggi, uova e pepe .  Restano ovviamente tutti gli altri ingredienti.
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La volpe e la cicogna

13:03 Posted In Edit This 0 Comments »
Questa favola, come peraltro tutte le favole, assolve ad un finalità prettamente educativa. Intende indicarti il modo secondo il quale, in relazione agli eventi che ti accadono nella vita, dovresti conformare la tua condotta. Ogni favola, a differenza della fiaba, reca in sé una "morale", che viene, quasi sempre, esplicitata alla fine della narrazione.
Volendo attenerci alla morale contenuta in questa favola, ecco quanto essa vuole comunicare. Nella vita non bisogna  mai fare un torto o un danno ad alcuno, ma se, per caso, se ne riceve, allora è bene ricambiare l’artefice con la stessa moneta, rendendo “pan per focaccia”. In termini più etici  e, secondo un detto comune, la morale potrebbe tradursi in “chi la fa, l’aspetti”.
Ma andiamo alla narrazione della favola.
La volpe e la cicogna erano unite da un’amicizia di lunga data. Un giorno la volpe, che era alquanto buontempona, invitò a pranzo la cicogna. Approntò per lei una buona minestra e gliela servì in un piatto abbastanza largo. La cicogna, essendo dotata di un becco molto lungo, purtroppo non riuscì a cibarsene. Potè bagnarsi a malapena l’estremità del becco. Si alzò da tavola più affamata di prima e molto amareggiata per il torto ricevuto. 
L’amica volpe aveva approfittato della sua buona fede e per questo, ora, le toccava ricambiare “la cortesia” con  un’uguale risposta. Invitò  pertanto  la volpe  a casa sua per il giorno dopo. La cicogna approntò  per la volpe uno squisito  pranzetto, servendolo in un recipiente stretto e lungo, adatto più propriamente alla conformazione del  suo becco che al muso dell'amica. In virtù di ciò la volpe dovette accontentarsi di leccare la parte esterna del contenitore, rimanendo, parimenti a quanto successo il giorno prima all’amica cicogna, completamente  a digiuno,

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Come risparmiare sulla bolletta del gas metano

13:59 Posted In Edit This 0 Comments »
Ritieni che i costi della tua bolletta del gas siano abbastanza elevati, o quantomeno tali da pesare un po’ troppo sul bilancio familiare? Ti piacerebbe abbassarli, riducendone magari gli sprechi? Ti basterà adottare espedienti razionali, molto semplici ed efficaci. 
Tanto per iniziare, cerca in Internet la tariffa gas più consona ai tuoi abituali consumi. Oggi, grazie alla liberalizzazione del mercato del gas, tutto questo è possibile. Puoi infatti operare una scelta tra differenti tipi di tariffe: quella di Maggior Tutela regolata dall’Autorità Garante per l’energia che ne determina i prezzi ogni trimestre oppure quella, a costi più competivi, del Libero Mercato. Perché prezzi più competitivi? Perché nel Libero Mercato il cliente è “libero” di scegliere, tra numerose offerte commerciali, la tariffa più vantaggiosa.
Se intendi essere informato sulle varie offerte in materia, ti basterà  digitare nel motore di ricerca “confronto tariffe gas” e ti si parerà davanti una sequela di portali.
Scegline uno, compila  la scheda  con i dati richiesti e saprai, in poco tempo, chi ti offre la tariffa più adatta a te.

RISCALDAMENTO A METANO
Intanto chiediamoci quali accorgimenti bisognerebbe adottare per risparmiare sulla voce più “pesante” della bolletta: il riscaldamento a metano. Per ridurne di molto i consumi stiamo attenti ad eventuali dispersioni di calore nell’appartamento. Individuiamo ed eliminiamo, ad esempio, gli  spifferi con i quali troppo spesso conviviamo, con la messa in opera, se possibile, di finestre a doppio vetro. Sarebbe altresì preferibile fare uso dei pannelli riflettenti da inserire tra calorifero e muro. Sono abbastanza economici e ci affrancheranno, in breve tempo, dai costi troppo alti nella bolletta. Comunque, se non intendiamo sobbarcarci queste spese, è sempre possibile utilizzare i classici paraspifferi imbottiti in stoffa, oppure “siliconare” le fessure di finestre, porte o quant’altro simile.

FORNELLI  IN  CUCINA
E passiamo ai suggerimenti per limitare il consumo del gas dei fornelli cucina. Iniziamo  dalla pentola a pressione. Se ne possiedi una, usala spesso per la cottura di qualsiasi alimento, sia a breve che a lunga durata, perché la rapidità di cottura ti comporterà un risparmio di gas non indifferente. Si parla di oltre il 60 per cento.
E che dire poi dell’alleato “coperchio”? Per evitare la dispersione di calore e velocizzare l'ebollizione dei liquidi e la cottura di quanto contenuto nelle pentole normali è buon'abitudine farne un uso assiduo. Sappi che anche la scelta di pentole, padelle e coperchi in vetro o in ceramica, a differenza di quelli in metallo, ci fanno risparmiare gas, perché  trattengono molto il calore e lo trasferiscono agli alimenti. Ricordati di riservare ai bruciatori una particolare cura; tienili sempre puliti. In questo modo essi rifletteranno efficientemente il calore. Quando poni una pentola sul fuoco, scegli sempre la dimensione giusta del bruciatore, avente cioè un diametro adatto al recipiente, senza spreco di fiamme all’esterno. Meglio se più piccolo che più grande!

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Lisciva: un detersivo fatto con cenere a costo zero

14:10 Posted In Edit This 0 Comments »
Vuoi conoscere un’alternativa ai detergenti commerciali e risparmiare un bel po’ di soldini al mese? Oggi come oggi sarebbe proprio il caso, non credi? Quello che ti proporrò altro non sarebbe che un detergente “vecchia gloria” dei tempi andati e cioè delle nostre bisnonne, con un elevato potere pulente e sgrassante e, quel che più conta, a costo zero. Intendo riferirmi alla ecosostenibile lisciva, che, una volta fatta in casa e diluita con acqua in proporzione di un bicchiere ogni litro d’acqua, è ottima per tutti gli usi domestici: pavimenti, piatti, bucato, macchie, sanitari, piastrelle, ad eccezione dei materiali in marmo. Quali sarebbero i componenti della lisciva? Nient’altro che cenere di legna e acqua di rubinetto. Sulle orme delle nostre bisnonne potremmo aggiungervi anche del grasso come il lardo, ma noi faremo senza. Chi ha in casa un camino o una stufa a legna potrà fare lisciva in quantità considerevole, tale cioè da utilizzarla per tutto l’anno. Ma vediamo come si prepara. Premetto che la si può approntare in tanti modi differenti. Noi siamo soliti adottare la procedura riportata qui di seguito.
COME SI PREPARA
Una volta raccolta una tot quantità di cenere, è buona norma setacciarla, per eliminare eventuali residui di carbonella. Poi si prende un bel pentolone (meglio se vecchio) e si versa in esso cenere e acqua nelle proporzioni di 1 a 5. Lasciamo sobbollire il tutto, a fuoco basso, avendo cura di mescolare ogni tanto con un bastone di legno. Più il composto bollirà e più s’incrementerà il potere pulente e sgrassante del prodotto. Per essere sicuri che la lisciva sia pervenuta al suo punto ottimale, prima di spegnere la fiamma sotto la pentola, facciamo un piccolo assaggino del liquido: poniamone sulla lingua una goccina. Se la si sentirà pizzicare, significa che la bollitura è sufficiente. In tutti i casi non bisogna superare mai il limite massimo di bollitura, quantificabile in due ore. Spegnere quindi la fiamma sotto la pentola, togliere il pentolone dal fornello e lasciare riposare il contenuto all'incirca 12 ore.
Quindi approntare un panno in cotone bianco e un mestolone. Preleviamo il liquido e riversiamolo in un contenitore di plastica, filtrandolo col panno in cotone posto sulla bocca di un imbuto. Il liquido raccolto sarà appunto la lisciva a lunghissima conservazione. Cosa farne invece del deposito residuale pastoso di cenere che resta nel pentolone? Lo si può usare a mo’ di polvere abrasiva direttamente su una spugna per disincrostare parti o utensili molto sporchi. Un’avvertenza prima di concludere. La lisciva, diversamente dalla pasta di cenere che lo è di meno, è una sostanza molto basica. In ragione di ciò, durante il suo utilizzo per tutte le pulizie domestiche, è preferibile proteggere le mani con guanti in gomma
.


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IL LEONE E IL TOPO

04:41 Posted In Edit This 0 Comments »
E’ una delle tante belle favole di Esopo di facile comprensione
e di grande efficacia valoriale,specie in questa nostra attuale società.
In una verdeggiante radura, sotto un tiepido sole, un leone sta beatamente dormendo. Ecco che all’improvviso un topolino, ignaro del pericolo, inizia a correre, avanti e indietro, sul suo corpo. Il leone, una volta svegliatosi, alquanto arrabbiato, blocca l’andare sconsiderato della bestiola, ponendole una zampa sopra. E' intenzionato a sbranarsela, quando si sente supplicare: “Ti chiedo perdono! Lasciami andare libero. Io non dimenticherò mai la tua generosità e spero che un giorno potrò ricambiarla”.
A queste parole il leone comincia a ridere e a beffeggiare l'insignificante animaletto, evidenziandone la  “nullità“ di contro alla maestosità della sua  prestanza fisica. Decide, comunque, di alzare il suo grosso zampone e di lasciare la bestiola libera di andarsene.
E venne il giorno.......
E venne il giorno in cui il leone cadde prigioniero di uno stuolo di  cacciatori. Venne legato, con una grossa corda, ad un albero, in attesa  di un trasporto nel luogo destinato. Fu allora che il topolino udì i lamenti del suo amico e, non appena vide  i cacciatori allontanarsi, per un attimo, dal posto, pensò che fosse giunto il momento d’intervenire e di contraccambiare il piacere ricevuto tempo addietro. Accorse allora presso il leone e cominciò a rosicchiare la corda che lo teneva legato all’albero.
Rosicchia e rosicchia… la corda si spezzò. Il leone era libero! Prima di lasciarlo, il topo gli disse: “Tempo fa  mi hai beffeggiato  alla grande,  pensando  di non poter ricevere una ricompensa da me in cambio della libertà concessami. Ora sai che anche noi, per quanto piccoli e deboli, possiamo essere utili ai grandi e potenti come te.“
Morale della favola: In questo mondo tutti abbiamo bisogno l’uno dell’altro, senza distinzioni  tra umili e potenti, forti e deboli, ricchi e poveri.

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Risparmiare sul bucato con le noci del sapone

12:30 Posted In Edit This 0 Comments »
La parola d’ordine del momento è risparmiare…risparmiare…risparmiare. Siamo purtroppo attanagliati nella morsa di una crisi economica che non sappiamo fino a quando durerà.
Di una cosa io sono perfettamente cosciente: la ripresa non è affatto dietro l’angolo, come ci viene continuamente detto. Ce lo confermano le nostre finanze che languiscono di giorno in giorno.  E allora per quanto ci sarà  possibile proviamo ad individuare tutte le vie volte a gestire al meglio le nostre spese di casa e a gravare di meno sul bilancio mensile.
Pensiamo, per un attimo, a quanto potremmo risparmiare, ad esempio, se riusciamo ad abbattere i costi dei detersivi  commerciali per il lavaggio del bucato. Tanto… molto direi!
In che modo? Usando detersivi naturali tuttofare come le “noci del sapone”. Nel guscio di questi frutti, provenienti dall’India, si trova una sostanza schiumogena  chiamata “saponina” che non solo deterge in modo ottimale qualsiasi tipo di tessuto, con un’efficacia che alcuni dicono superiore ai normali detersivi commercializzati, ma ha anche proprietà disinfettanti e addirittura antiparassitarie. Con un chilo di gusci di noci si può lavare il bucato di un anno intero. Di quanto allora sarebbe il risparmio? Si potrà risparmiare il 50% in meno della spesa annua di detergenti per panni. Anche se in qualche ipermercato è possibile trovare questo prodotto, massimamente si acquista on line nei formati da 500 gr o da un chilo. Il costo è davvero basso, perché una confezione di un  chilo di noci di sapone, sufficiente, ripeto, per un anno di  bucato si aggira grossomodo  sui  15-18 euro, dipende dai siti dove lo si ordina.  Come funziona? Basta mettere qualche guscio di noce nel sacchettino  di cotone che trovi all’interno della confezione, inserirlo in lavatrice assieme al bucato e attivare  un normale ciclo di lavaggio.
Con una piccola quantità di gusci di noci (in numero  di 4) sarà possibile lavare ben 5 kg di biancheria, con l’aggiunta che il potere lavante dei gusci non finisce mica qui. Che vuol dire? Che puoi riutilizzare lo stesso sacchetto con gli stessi gusci di noce ancora per altri 3 lavaggi.
Prima di concludere vorrei evidenziare  il fatto che le noci del sapone vengono chiamate anche noci “lavatutto”.  Con esse, oltre al bucato, si possono fare tante altre pulizie, da quelle domestiche (stoviglie, pavimenti, bagni ecc..) a quelle d’igiene personale  (corpo, capelli ecc…). Quindi…un ulteriore risparmio di detergenti!
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Come difenderci dalle tarme con prodotti fai da te

02:12 Posted In Edit This 0 Comments »
 
Chissà quante volte ti sarà capitato di vedere svolazzare negli armadi, nei ripostigli, nei cassetti o in altri ambienti della casa delle minuscole farfalle dalle ali molto sottili, di colore giallo-oro. Sono le tarme, insetti volanti ormai allo stadio adulto. Una domanda: “Perché mai esse prolificano massimamente nei luoghi sopra citati, procurando non pochi danni ai nostri capi in lana, in cotone, in seta, nonchè alle pellicce, alle coperte e ai tappeti?”  
Semplicemente perché qui le larve trovano l’alimento principe per svilupparsi, la ben nota "cheratina", ma non solo questa!... Esse, per sopravvivere, hanno bisogno anche del grasso, di quel grasso che resta depositato sui capi di vestiario (colletti, polsi ecc…) quando  li riponiamo sporchi  negli armadi. Per evitare tutto ciò, per arrestare la crescita delle  larve, a cui vanno imputati i maggiori danni, sarebbe il caso di ripulire, a fine stagione, i nostri abiti smessi o, quanto meno, di spazzolarli o, ancor meglio, una volta lavati, custodirli in sacchetti di plastica.

Purtroppo, quando la prolificazione di questi insetti, la fa ormai da padrone nelle zone umide e buie  della  casa, per liberarcene, non facciamo altro che ricorrere ai prodotti chimici  antitarme che si trovano in commercio e cioè alle palline di naftalina o di canfora. Va detto in proposito che questi prodotti, oltre ad essere irritanti e molto tossici per inalazione, sono stati segnalati, da chi di dovere, come sostanze cancerogene. Quindi, se possibile, stiamone alla larga!  Volgiamoci invece al salutare “fai da te”, preparando in casa degli antitarme naturali. Vediamo quali.
FAI DA TE
Per prima cosa cerchiamo di munirci di sacchettini dadisporre negli armadi e nei cassetti, una volta aver inserito al loro interno quanto la natura ci offre per combattere le tarme. In verità non sono poche le erbe di cui possiamo disporre e che vengono decantate come eccellentiantitarme. Esse vanno dalla lavanda alla menta, dal rosmarino ai chiodi di garofano, e ancora dalle foglie fresche di alloro  alla buccia essiccata di limone o di arancia fino ai bastoncini di cannella. Potremmo, volendolo, cucire noi dei sacchettini-contenitori, riciclando pezzi di stoffa in deposito, completamente a costo zero.
Ma se proprio non ne siamo capaci, cerchiamo di utilizzare dei vecchi fazzolettini. Stendiamoli su una superficie piana, mettiamo al centro  di essi alcune delle erbe menzionate, chiudiamoli, poi, a mo’ di fagottino,  legandoli all’estremità con un nastrino o quant’altro a disposizione. Va aggiunto  che la preparazione di questi sacchettini  con mix di erbe varie, oltre a proteggere i nostri indumenti dalle tarme, sprigioneranno nell’ambiente, dove sono riposti, un gradevole profumo. Prima di concludere vorremo ricordare che le erbe menzionate possono essere sostituite anche da alcune gocce di oli essenziali, in vendita presso i negozi di erboristeria. Basterà  imbere di essi dei batuffoli di cotone.
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Macchie di profumo sui vestiti: come rimuoverle

01:12 Posted In Edit This 0 Comments »
A chi non è mai capitato di ritrovarsi sui vestiti della macchie di profumo? Chi più, chi meno, credo che ciascuno di noi sia andato, almeno per una volta, soggetto a quest'inconveniente. Senza dubbio, al momento dell’accaduto, ci si è arrabbiati contro se stessi per la sbadataggine e la scarsa attenzione posta in campo. Poi ci si è preoccupati sul come intervenire per rimuovere il danno procurato e recuperare così il capo di vestiario.
Premettiamo che, nell'esplicitazione dei vari interventi su questo tipo di macchia, si sentirà continuamente parlare, di un “pretrattamento” della stessa, da farsi prima del lavaggio vero e proprio. Perché mai? Per il semplice motivo che il lavaggio, specie con acqua calda, rende la macchia definitivamente indelebile.
Ciò premesso, iniziamo a parlare di quegli inestetici aloni giallognoli che ci ritroviamo sui vestiti, perché, come già detto in precedenza, per una disattenzione abbiamo diretto lo spruzzo del profumo sul vestito e non sulla pelle. Diciamo subito che se il danno è recente, le macchie cioè sono "fresche”, sarà sufficiente immergere il capo in acqua fredda oppure strofinare la zona macchiata, a secco, con la semplice aggiunta di sapone di Marsiglia. Solo successivamente si potrà passare  al normale lavaggio.
Qualora la situazione però non dovesse risolversi, si consiglia d’imbere un batuffolo di ovatta con acqua ossigenata a 12 volumi e pretrattare nuovamente la macchia.
E se le macchie di profumo sono  “secche”,  del tutto  asciutte? Senza dubbio la loro rimozione sarà più complicata.
Se il tessuto inficiato  è  di cotone, proviamo ad imbere di trielina, in quantità assai ridotta, uno straccio pulito e a tamponare con esso l’area macchiata. Attenzione! Subito dopo questo pretrattamento, il  capo andrà  lavato,  perché l’uso del solvente menzionato, sostando di più, potrebbe fare dei danni ulteriori alle fibre.
Se, al contrario, siamo in presenza di un  capo  più delicato si può provare a  smacchiarlo con la saponaria, una polvere che ha un forte potere assorbente. Basterà infatti distribuirlo sulla macchia e attendere una quindicina di minuti prima di intervenire con la fase ultima del lavaggio.

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Come conservare al meglio gli indumenti di lana

05:16 Posted In Edit This 0 Comments »
Quando di un capo di vestiario se ne termina stagionalmente l’uso, esso viene riposto in genere o nell’armadio o nei cassetti. Al di là di questo, quello che va tenuto in debito conto è come aver cura dello stesso, conservandolo al meglio nel tempo. Qui di seguito la procedura ottimale.
Lavaggio
E’ buona norma, prima di riporre un qualsiasi indumento in lana, sottoporlo ad un lavaggio igienicamenterigenerante per le fibre di cui si compone. Approntiamo pertanto una bacinella piena di acqua tiepida, in cui in precedenza avremo sciolto del sapone in scaglie (del tipo Marsiglia) oppure del sapone neutro o, se si preferisce, dei detersivi delicati appositi. Immergiamo nell’acqua il capo e lasciamolo imbere ben bene del liquido approntato. Mentre lo stesso si trova in ammollo, cerchiamo di comprimerlo più e più volte con le mani, tenendoci ben lungi da qualsiasi tentazione di strofinamento.
Risciacquo e compressione
Passiamo poi al risciacquo, facendo uso di acqua ed aceto bianco (o succo di limone). Questo perché il capo non abbia ad infeltrirsi. Non ci resta che strizzarlo per la fuoriuscita della maggior quantità di acqua possibile. L’intervento va fatto per “compressione”, ossia ponendo l’indumento in un asciugamano di spugna e operando su esso una specie di schiacciamento, evitandone così un’eventuale deformazione. E siamo quasi alla fine!
Stendiamolo ora su una superficie piana, cercando di ridargli, con le mani , la sua forma originaria. Nel riporlo negli armadi o nei cassetti non dimentichiamoci di proteggerlo dalle tarme, insetti dannosi per i capi in lana. Basterà avvolgerli, una volta lavati, in fogli di giornali o in buste di plastica o, ancora meglio, in sacchetti sotto vuoto. Se possibile, cerchiamo di evitare l’uso dei repellenti chimici antitarmeche si trovano in commercio come naftalina e canfora, in quanto dannosi alla nostra salute.

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Quanto manca alla tua morte? Te lo dice Tikker

13:41 Posted In Edit This 0 Comments »

Tikker è l’orologio rivoluzionario digitale che, in base alla storia clinica e allo stile di vita proprio  e dei familiari, ti predice l’ora della morte o meglio quanto ancora ti resta  da vivere. L’orologio, una volta indossato al polso, ti scandirà i secondi, i minuti, le ore  e gli anni che mancano all’ora fatale.
In parole povere ti fornirà un servizio di “countdown” , di  conto alla rovescia.
Che dire? E’ un’invenzione, a dir poco, sinistra  e angosciante, fatta dallo svedese Fredrik Colting che, intervistato  sul suo “Tikker”, avrebbe asserito  quanto segue: “L’idea di questo orologio mi è venuta dopo la morte di mio nonno, mi ha fatto riflettere sulla caducità della vita e mi ha fatto capire quanto sia importante riuscire a godersela in ogni istante, perché se tutti fossimo consapevoli dell’approssimarsi della nostra fine, da vivi faremmo sicuramente scelte migliori. Ecco perché, più che un macabro orologio della morte, lo considero una sorta di orologio della felicità”.

Della serie insomma  ”Fratello, ricordati che devi morire”, il  famoso saluto beneaugurante  che  si scambiavano tra loro i monaci appartenenti all’Ordine dei Trappisti che ora si affianca  a “Fratello, ricordati che devi vivere intensamente la tua vita”.
Stando cioè alle parole dello svedese Fredrik Colting dovremmo  accogliere Tikker come uno "stimolante" che ci spinge secondo dopo secondo, minuto dopo minuto a non sprecare i nostri momenti di vita, a viverli in completa positività e amorevolezza, perché, sempre a suo dire,  se “la morte non è negoziabile, la vita invece lo è”.
E’ abbastanza chiaro che alla base di questa invenzione non c’è niente di scientificamente dimostrato o valido. Quindi l'orologio della morte si commenta da sé!!


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‎ Panelle di farina di ceci: come farle

01:38 Posted In Edit This 0 Comments »
Sfiziose, golose e saporitissime frittelle a base di farina di ceci, una pietanza diffusasi in Sicilia ad opera della dominazione araba, digeribilissime grazie al tipo di legume che caratterizza l’ingrediente principale. Vengono appellate  “cibo da strada” , perché in Sicilia si acquistano nelle varie  “friggitorie”  che pullulano un po’ in tutte le strade dei quartieri  palermitani  e fungono da  spuntino  veloce. Con esse, in numero di 3-4,  si è soliti farcire   un panino (magari al sesamo), oppure  si possono consumare da sole come antipasto, irrorandole, se si preferisce, con del  limone. Le panelle, in parole povere, rappresenterebbero quel tipo di  ristorazione che gli inglesi amano chiamare “fast food”, ossia  cibo celere”. Sono facili da fare, e hanno bisogno di un numero d’ingredienti ridotto ai minimi termini, cioè  farina di ceci, acqua, sale, olio, pepe e prezzemolo (se si preferisce).

PREPARAZIONE
Prepariamo sul piano di lavoro una pentola con mezzo litro scarso di acqua e un po’ di sale (ovviamente la quantità dell’acqua è in ragione del numero di panelle che vogliamo approntare). Indi riversiamoci lentamente la farina di ceci, avendo cura di rigirare l’impasto continuamente per evitare che si formino grumi. Disporre poi la pentola sul fuoco per poco più di una decina di minuti,  a fiamma abbastanza bassa.
In attesa  che l’impasto, in essa contenuto, cominci a staccarsi dalle pareti, continuiamo sempre a girarlo. Se si preferisce, si può aggiungere un po’ di pepe e del prezzemolo fresco tritato. Approntiamo ora, sul nostro piano di lavoro,  dei piattini  da tè, o da caffè  o, in assenza di essi,  anche dei piattini di plastica capovolti. Spento il fuoco sotto la pentola, prima che l’impasto abbia a raffreddarsi, quindi abbastanza velocemente, preleviamone poco per volta e riversiamolo sul fondo dei  piattini.
Aiutandoci  con un coltello,  cerchiamo di stendere bene l'impasto sul fondo degli stessi  e attendiamone il raffreddamento. Intanto prepariamo una padella con dell’olio e, appena l'impasto si sarà raffreddato, stacchiamolo dai piattini senza romperlo e friggiamo le  nostre belle e gustose  panelline, facendole indorare da ambo i lati. Se non si preferisce  friggerle, possiamo disporle su un foglio di carta da forno e infornarle, fino a completa doratura.

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Aceto di mele: come farlo in casa (video dimostrativo sottostante)

06:28 Posted In Edit This 20 Comments »

Sembrerà strano, ma è proprio così!... Non c’è giorno che non si decantino, a dritto e a manca, le innumerevoli virtù dell’aceto di mele, un prodotto molto versatile: ottimo agente per le pulizie di casa, ma ciò che più fa meraviglia, una panacea per  moltissimi nostri mali sul piano fisico, definito, a ragione o a torto non saprei, “oro liquido”, quasi un elisir di lunga vita. Come alcalinizzante del corpo, esso offre tutta una vasta gamma di benefici a livello digestivo, respiratorio, artritico, emorroidario. Avrebbe altresì proprietà curative sulla circolazione,  sulla perdita di peso, sulla cellulite, sulla pelle, sulla forfora e non ultimo  sarebbe ottimo nell’abbassare il colesterolo, la pressione sanguigna, il livello di glucosio nei diabetici, nonché per rinforzare le ossa, aumentare l’immunizzazione e sbiancare i denti. Insomma verrebbe da esclamare: “Chi più ne ha più ne metta!”
Oggi l’aceto di sidro di mele si vende in tutti i supermercati bio o non. E’ possibile comunque produrlo direttamente in casa con metodi elementari e a bassissimo costo. Si richiede solo un po’ di pazienza, perché i tempi di fermentazione sono lunghi e variano  dai 2 mesi ai 7 mesi, a seconda del sistema di produzione che s’intende porre in campo. In linea di massima, le opzioni per preparare un buon aceto di mele in casa sarebbero due. C’è il metodo detto degli “scarti”, con l’utilizzo di  bucce, torsoli e  altri residui dopo consumazione della polpa e il metodo delle “mele intere”. Vediamo come operare col primo metodo, quello che riduce di molto i tempi della fermentazione a circa due mesi.


PRIMO METODO
Molti preferiscono questo metodo, perché possono  consumare la polpa delle mele e  utilizzare successivamente gli scarti, che altrimenti dovrebbero finire nella spazzatura.
Allora cominciamo.
Dopo aver lavate le mele sotto l’acqua corrente, priviamole della buccia e dei torsoli e mangiamone la polpa. Qualsiasi tipo di mele va bene per fare l’aceto purchè biologiche: renette, fuji, golden, smith, imperatore ecc… Lasciamo gli scarti all’aria per qualche giorno perché abbiano ad imbrunire, cioè ad assumere il colore marroncino. Intanto cominciamo ad approntare dei vasetti di vetro, a bocca molto larga, dove andremo a calarvi tutti gli scarti di quelle mele di cui abbiamo fatto razzia di polpa. Versiamoci sopra dell’acqua fino a coprirli, facendo attenzione a lasciare un bel po’ di spazio nella parte superiore del vasetto. Nei giorni seguenti, se si hanno ancora altri scarti, vi si possono aggiungere. 
Muniamoci ora di un bel pezzo di garza e  copriamo la bocca del vaso, magari fermandola con un elastico al collo dello stesso. Se si vuole, si può aggiungere anche un po’ di dolcificante che può consistere o nello zucchero o nel miele.
Poniamo ora  il vasetto in un posto buio e caldo. 
Dopo qualche giorno vedremo comparire in superficie della schiuma grigiastra. A questo punto non aggiungiamo più scarti, perché sta cominciando la fermentazione. Attendiamo all’incirca un mese o due, prima che il nostro aceto sia pronto. A processo quasi terminato, possiamo testarne il grado di acidità. Se è di nostro gradimento, operiamone il filtraggio, eliminando gli scarti e tutti gli altri sedimenti. In un secondo momento, qualora il liquido non lo si preferisca torbido, sarà sufficiente poggiare nell’imboccatura dell’imbuto, messo sul collo della bottiglia, un filtro in cotone (quelli che si usano per il vino).
In sostituzione va bene anche un tovagliolo pulito di cotone, piegato in due o in quattro.  Attraverso esso trasferiamo con un mestolo, poco per volta, l’aceto  nella bottiglia. 
Quando il filtro in tessuto (o il tovagliolo) sarà pieno di sedimenti, basterà passarlo sotto l’acqua corrente, ripulirlo, strizzarlo e continuare il travaso.

 
SECONDO METODO
La variante al primo sistema  consiste nell’impiego di mele intere, senza eliminare niente. Le mele vanno lavate per bene non solo  per rimuoverne lo sporco, ma  maggiormente  i prodotti chimici eventualmente presenti sulla buccia. Dividiamole  poi  in spicchi e lasciamo quest’ultimi  all’aria perché si ossidino, come per gli scarti. Poi trasferiamo  gli stessi in un vaso di vetro, seguendo lo stesso iter enunciato sopra, col primo metodo.  Attendiamo con pazienza i tempi di fermentazione prima di filtrarlo.  Se quanto detto fin qui, non è chiaro, puoi usufruire del  video dimostrativo sottostante.
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